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Il sogno della grande Erba

Ultima modifica 5 aprile 2019

Nel 1928 si completava l’aggregazione dei sette comuni del Piano d’Erba, che, a partire dal 1906, anno dell’istituzione del comune di Erba-Incino, erano andati via via costituendo un’entità territoriale più vasta e più rispondente all’evoluzione dei tempi e alle necessità economiche e sociali della comunità locale.
Nell’aprile del 1944 il podestà di Erba Alberto Airoldi cominciò a muovere i primi passi ufficiali verso la realizzazione di un suo grande sogno: la nascita di un unico comune comprendente quelli di Erba, Pontelambro e Longone al Segrino. Da un lato esistevano le condizioni tecniche che potevano favorire tale iniziativa (nel periodo fascista furono, infatti, molto incentivate le unioni e le aggregazioni di comuni). Inoltre, secondo lo stesso Airoldi erano diverse le motivazioni storiche, politiche ed economiche che inevitabilmente avrebbero portato a compimento del suo progetto. Ecco cosa scrisse l’Airoldi in una lunga e dettagliata relazione per spiegare i motivi di questa sua idea:
“ Dopo aver attraversata Asso e lambito il territorio di Canzo, il Lambro scorre per circa quattro chilometri in una vallata stretta e disabitata sinché, perdendo quota a cascate e rapide, si affaccia e poi si lancia nel pian d’Erba.
In questo preciso punto è sorto e si è sviluppato Pontelambro che prende il nome dal ponte romano gettato fra le due sponde del torrente proprio dove le acque di questo rallentano il corso e prendono letto e figura di fiume.
Dal ponte si vede la pianura stendersi ubertosa e costellata di casolari e giardini, di ville e verdi prati irrigui, interrotta da numerose strade.
L’abitato non è più composto da borgate raccolte e appollaiate come nelle zone montane, ma i caseggiati sono tutti liberati dal serpeggiare di numerose strade dove la vita industriosa della pianura si svolge in un respiro nuovo e più capace.
Il letto del fiume divide tuttavia la piana popolosa con una striscia meno viva di abitazioni in ragione della mancanza di ponti; ma Pontelambro si lega a Lezza ed Erba da una sponda e a Carpesino d’Erba dall’altra sì che un unico centro appaiono Ponte ed Erba senza alcuna soluzione di continuità.
La ferrovia che da Erba per Canzo e Asso, passa per Pontelambro, ha dovuto creare una stazione “Lezza-Carpesino” che serve due frazioni, la prima di Pontelambro, la seconda di Erba. Ed è questa l’unica arteria importante che lega direttamente Pontelambro a Canzo e Asso in quanto la piccola strada ordinaria che risale la valle disabitata, più sopra accennata, non ha valore se non perché serve il comune montano di Caslino.
Un autocarro ed anche una semplice vettura devono valersi, per raggiungere comodamente Canzo da Pontelambro, della grande strada della Valassina che passa per il comune di Erba, via Longone.
Ecco come Ponte ed Erba sono praticamente un unico centro per quanto si riferisce alla posizione topografica e stradale.
Si vedrà nelle considerazioni che seguono quanti altri siano gli argomenti che suffragano l’asserto per cui Erba e Pontelambro devono formare un solo Comune.

STORIA: Nell’epoca romana Plinio parla di Herba come di una città. Si è trovata infatti una vasta necropoli come conferma. Nell’alto medio evo, nel periodo precedente a quello comunale, gli storici sono concordi per individuare la “Pieve di Incino” (oggi d’Erba) amministrata da un capitolo che comprende nel suo territorio di giurisdizione non solo Pontelambro ma Caslino, Castelmarte, Proserpio con altre castellanze. Nel periodo comunale e precisamente nel 1165 (Corio – Galvano Fiamma) alla battaglia di Tassera contro il Barbarossa il castello di Erba arma anche uomini di Pontelambro. E’ il Comune di Erba che tien corte per tutta la plaga e amministra anche la giustizia con speciale investitura poi dai Signori di Milano sino al 1600. Nessun istorico ricorda il comune di Pontelambro che si suppone sia sorto soltanto in sede di dominazione spagnola od austriaca. Non un ufficio distrettuale ebbe stanza nei dintorni se non ad Erba da cui fu staccata Incino dagli austriaci. Erba aveva pretura e distretto militare e fiscale sin da Maria Teresa.

RELAZIONI: E’ curioso notare come anche i patronimici, che normalmente mutano di paese in paese con predominio di questo o quel cognome, siano gli stessi per Erba e per Pontelambro con analoghe percentuali. Parecchie proprietà in Pontelambro sono di erbesi e inversamente. La Scuola Media “Carlo Annoni” è frequentata da numerosissimi giovani di Pontelambro.

INDUSTRIA: Al Cotonificio di Pontelambro che dà lavoro a circa 2000 operai e impiegati, Ponte non dà più di 600 operai mentre Erba ne invia 800: Erba dà il 65% di impiegati. Anche in altre minori industrie la manodopera erbese è presente con alta percentuale.

PRODOTTI: Il carattere per buona parte montuoso di Pontelambro non consente l’autosufficienza dei più indispensabili prodotti quali il latte e il foraggio. Ad una fusione dei comuni di Erba e Pontelambro, cui va aggiunto quello di Longone come si vedrà più oltre, Erba conferisce da parte sua un numero non indifferente di apporti, quali:
a) Scuola Media e Scuola di Avviamento,
b) Assistenziali: Croce Rossa – Maternità e Infanzia – Dispensario antitubercolare – Casa di Ricovero Vecchi ed Inabili – Uffici Sindacali,
c) Mercato settimanale – Ucasi zonale,
d) Servizi comunali in genere quali: Pompe funebri – Ufficio tecnico – Amministrazione acquedotto con criteri aggiornati e tariffe variabili,
e) Bilancio comunale sistemato.

Pontelambro deve logicamente conferire in uno al suo bilancio il suo apporto indiretto a carattere economico sociale che è l’organismo del “Cotonificio di Pontelambro S.A.”. Questo insieme industriale, che offre lavoro ad oltre 2.000 lavori, è nella zona l’istituzione più completa anche nel campo sociale. Case per impiegati ed operai, mensa aziendale, spaccio, dopolavoro ecc. ecc. Tali organismi in piccoli comuni diventano fatalmente dispotici e presentano spesso profili di certe autonomie che incidono persino sulla politica sindacale di zona. Da anni, ad esempio, i podestà sono stati scelti da impiegati e direttori della detta grande azienda.
E’ facile inferire che, nei momenti che si attraversano, la direzione del Comune passando praticamente all’industriale, il tono politico di rinnovamento sociale in atto potrebbe essere svisato anche in buona fede e presentare aspetti, se non pericolosi, almeno dannosi alla linea politica generale. Contenuto invece l’organismo industriale in un vaso comunale di maggior prestigio e potenza, il controllo da parte di quest’ultimo riuscirebbe più facile e più giovevole alla comunità.

Si è parlato più addietro del comune di Longone al Segrino da fondere con il Comune di Erba. A parte il fatto che il comune conta pochi abitanti ed un bilancio modesto anche di contenuto perché il maggior provento è dato dall’introito per acqua potabile venduta ad Erba, è evidente che il suo assorbimento porterebbe beneficio anzitutto al Comune di Erba perché a questo passerebbe il controllo totale dell’acquedotto. In oggi tale opera serve, per la maggior parte della sua potenza, l'acquedotto di Erba ma lo serve tecnicamente male. Erba si è infatti dovuta incaricare del servizio tecnico dell’acquedotto di Longone con un accordo speciale sia ai fini di un miglior sfruttamento tecnico e finanziario sia in considerazione delle preponderanti necessità idriche della popolazione erbese.

Con la fusione dei tre Comuni di Erba, Pontelambro e Longone, non nasce certamente il problema del nome nuovo in quanto il passato storico di Erba e le considerazioni di più sopra fanno trascurare che, non fosse altro, Erba conta circa 10.000 abitanti a residenza fissa. Diremo meglio: dall’assorbimento dei due comuni, Erba riceve un’investitura di cittadina e di più importante centro zonale e provinciale.
Ed è in virtù di questa realtà attesa e necessaria che Erba ha studiato i benefici e i problemi che le si impongono dall’ingrandimento del suo territorio.

BENEFICI: La fusione dei bilanci già consolidati presenterà voci debitorie fortunatamente di lieve entità cosicché il nuovo Comune non dovrà preoccuparsi di piani finanziari per estinzione di vecchi impegni. Tale situazione di favore, accentuata dalle evidenti economie di gestione che saranno di notevole importanza, porta a concludere che i mezzi diretti di bilancio offriranno subito ottime possibilità di iniziative alla nuova amministrazione comunale.

PROBLEMI: Anzitutto si affaccia la necessità di un serio e moderno piano regolatore che precisi meglio quello che è il modesto piano di ampliamento studiato nel periodo prebellico. Si deve tracciare il disegno di sviluppo ordinato alla nuova città che sorge perché le diverse caratteristiche industriali, commerciali e di soggiorno si dividano con sano criterio le zone più indicate.
Ponti sul Lambro uniranno più facilmente i quartieri orientali con gli occidentali, e la tanto invocata fognatura potrà finalmente essere realizzata con nuovi criteri urbanistici. Alle scuole medie sarà dato un ulteriore sviluppo mentre saranno migliorate le sedi delle scuole elementari. E non saranno trascurate le norme di igiene né i desideri dei cittadini che chiedono i bagni pubblici accanto alle palestre ginnastiche.
Non è peraltro il momento presente quello più adatto a studiare soluzioni di tanti problemi che si affidano al dopoguerra. Il problema principale è stato affacciato e studiato: creare una cittadina dal borgo di Erba, valorizzandone il prestigio guadagnato anche ultimamente e gli industriosi dintorni.
Preparare per il prossimo domani un centro adatto a beneficiare del doppio binario della ferrovia nord elettrificata.
Infine premiare i 200 fascisti erbesi e loro martiri ed i caduti in guerra per la loro fede ed il loro non dimenticabile esempio nel dar loro in realtà quello che è stato il loro sogno più ardente: la più grande Erba.”.

La proposta sembrava convincente; ci si avviava verso la nascita di una cittadina di dimensioni già allora ragguardevoli (oggi conterebbe circa 23mila abitanti). Era il sogno della grande Erba. L’Airoldi iniziò a compiere i primi passi tecnici presso la Provincia di Como Se dal carteggio a disposizione si evince che anche il podestà di Pontelambro, Carlo Fusi, si era dichiarato favorevole alla fusione dei comuni (anche se con l’indicazione di non ritenere l’attuale momento il più adatto), altri personaggi influenti si dichiararono apertamente contrari a tale atto. Il parroco di Mazzonio, frazione di Ponte Lambro, don Giovanni Strada (stimato dallo stesso Airoldi: “…combattente della grande guerra che io ho conosciuto e apprezzato in un pellegrinaggio a Pallanza per onorare il mausoleo cadorniano…”) esprimeva il suo rammarico e “la contrarietà la più decisa e assoluta che unanime pervade l’animo di tutta la popolazione…Troppo del resto è a tutti palese la fortunata condizione di risorse economiche e finanziarie che al progredire del Comune di Ponte assicurano, grazie alla presenza del Cotonificio, quell’effettivo svolgimento di opere a bene morale assistenziale, igienico, edilizio e di viabilità quali sono destinate a fare a non lungo andare del nostro paese un’invidiabile borgata…Mettere un popolazione notevole, quale è la nostra, abituata a reggersi da sé, con organizzazione già consistente e a carattere familiare e distinta da proprie abitudini, in condizione di diluirsi con popolazione non facilmente amalgamabile e di minorazione, peggiorata (…) sembra non facilitare alla comunità di Ponte, ma difficoltare il servizio pubblico.” E concludeva parlando di “sentimenti di dolore e vorrei quasi dire di ripugnanza di tutti noi (…) ottenendo che per sempre sia lasciata imperturbata l’autonomia del nostro amato Comune.”.
E che altre forze “remassero contro” si deduce da una lettera piuttosto risentita che l’Airoldi indirizzò al Fusi, scagliandosi contro, senza mai farne il nome, contro un’esponente dell’amministrazione di Ponte Lambro, che aveva sostituito il Fusi stesso davanti al capo della Provincia per esprimere il parere sull’argomento (la persona in questione viene definita piccolo uomo, impiegatuccio, ometto ossessionato dal cadreghino, borghesuccio che ha dato prova di fifa congenita e così via). Nella stessa lettera si diceva: “Lo sai tu che la Nord ha iniziato gli espropri per il doppio binario? Fare un forte e potente centro nella nostra plaga ed arrivarvi colla persuasione e con gli argomenti più sani e trasparenti; lanciare un tema quasi musicale nell’aria della zona e perseguirne la soluzione che porti un vero benessere alle popolazioni ad onta di tutti gli ostacoli. Tutto ciò è cosa degna che non sa di ambizione, nemmeno personale (…) Mio caro Fusi, il tuo “sub” non vuole, la popolazione nemmeno, come faremo?…dice la canzone. Eppure faremo, faremo: il tempo è galantuomo e il buonsenso più ancora perché è in ragione di quest’ultimo che io ripeto la domanda: quale danno nascerà a Pontelambro? (…) Di tutte le categorie vorrei conoscere l’opinione, di tutte le categorie di censo e di mestiere, ma non di quelle di Pontelambro che bene o male nel triste ultimo trimestre 1943 praticarono l’omertà sia pure incosciente, verso coloro che, vivendo armati nei boschi del comune, prepararono la sinistra atmosfera del martiriologio erbese e soltanto erbese!!!
Vorrei vedere domani, per ipotesi, Erba magicamente sparita, se i tuoi amministrati non sentirebbero la necessità di pregare il buon Dio che ne creasse un’altra: dove troverebbero nell’attesa le strade per Como, Lecco, Asso e per la piccola Milano, la pretura, le banche, le scuole medie e professionali, le mille risorse merceologiche, il mercato, la Croce Rossa, le autorimesse, il gas, il campo del gioco al pallone, il foraggio, il latte, i servizi funebri, il dispensario antitubercolare, la sede dei sindacati, i dentisti, la pettinatura permanente, la Casa di Ricovero per gli inabili al lavoro, gli elettricisti, gli impiegati e gli operai del Cotonificio che sono in buona parte erbesi e infine la vigile attenzione alle vite ed al patrimonio non soltanto materiale che Erba sa dare in ogni momento di emergenza? (…) E allora? E allora ti dico che, fra vent’anni, se ci saremo ancora, dovremo sorridere di questa mia lunga lettera peregrina perché tu ed io vediamo sin da questo momento ciò che sarà, il centro nuovo cittadino che fatalmente sorgerà ad onta di tutte le piccole beghe campanilistiche. Curvi sotto il peso degli anni, da S. Salvatore avremo davanti agli occhi quella che oggi è solo una visione: una città, una città coi fiocchi.”.
Ma il sogno e l’entusiasmo dell’Airoldi furono “gelati” dallo stesso Partito Fascista Repubblicano di Como in una lettera del 6 maggio 1944 a firma del commissario federale Paolo Porta. La lettera porta ben evidente la scritta “S E G R E T O”, perché non doveva essere divulgata, probabilmente a motivo del fatto che in essa viene esplicitamente contemplata la possibilità della sconfitta nella guerra (mentre nei proclami ufficiali al popolo la vittoria finale sarà sempre considerata inevitabile). Il tono della lettera è quello di una bocciatura definitiva: “Ho letto la tua lettera del 3 corrente diretta al camerata Fusi e francamente mi spiace e il tono delle prime due facciate ed il tempo che tu perdi per una questione non preminente ed urgente in questo periodo durante il quale solo l’esito della guerra e quanto può giovare al risultato finale di questa, deve assorbire ogni nostra attività.
Perché solo se raggiungeremo la vittoria potremo risolvere degnamente i nostri problemi mentre se perdiamo, avremo contemporaneamente perso anche la vita nostra e dei nostri e quindi quello che faranno gli altri non ci riguarda affatto. Quindi prima che a Erba pensiamo all’Italia!”.
Non si può naturalmente dire cosa sarebbe successo se il corso della storia avesse preso una piega diversa. Il progetto (o sogno che dir si voglia) era figlio di quei tempi e come tale svanì alla fine di quel periodo. D’altra parte, il momento storico che si stava vivendo (siamo vicini all’epilogo della guerra e con esso il crollo del regime fascista) non favoriva certe “distrazioni” da problemi e situazioni più gravi. Inoltre, una certa dose di “superiorità” con la quale gli amministratori erbesi proposero non la fusione o l’aggregazione dei comuni, ma l’assorbimento dei due più piccoli nel comune di Erba non favorì certo l’entusiasmo in particolare degli abitanti di Ponte Lambro, che, infatti, reagirono piuttosto negativamente.
Dalla fine del periodo bellico nessuno ha più ripreso e portato avanti l’idea della grande Erba. Ma ciò non ha certamente ostacolato lo sviluppo delle comunità locali che, pur nella conservazione della propria identità amministrativa, hanno concorso tutte alla crescita dell’intera zona, facendone una realtà viva e di notevole importanza sociale ed economica.

 



L'ARCHIVISTA COMUNALE
Massimo Di Girolamo

 

N.B. Le immagini sono tratte dal volume “Erba Crevenna Carpesino Arcellasco – Ricordi attraverso vecchie immagini” di A. Campanini e A. Marelli