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Erba negli anni '50

Gli anni ’50 furono gli anni della ricostruzione post-bellica e videro l’amministrazione comunale protagonista in senso positivo e negativo della vita economica e sociale di Erba.

Ultima modifica 2 settembre 2024

Gli anni ’50 furono gli anni della ricostruzione post-bellica e videro l’amministrazione comunale protagonista in senso positivo e negativo della vita economica e sociale di Erba. Nel primo caso, come raccontò in consiglio comunale nel 1955 il sindaco conte Scipiano Barbiano di Belgioioso (vedi foto 1 uomo alto a destra con le braccia conserte), il comune dovette spendere parecchie risorse del proprio bilancio per assistere direttamente la gente bisognosa o per finanziarne le spedalità, non essendo sufficiente l’opera prestata da pur diverse altre istituzioni allora presenti: l’Ente Comunale di Assistenza, l’Opera Pia Prina Caspani successivamente ridenominata Ricovero Inabili al lavoro G.Prina, le Opere Pie Carpani, Baragiola, Soncino e Mambretti.

Il comune gestì anche l’assistenza straordinaria a favore dei tubercolotici e la distribuzione per conto dell’Unicef di calzature agli oltre 200 bambini erbesi bisognosi, facendosi inoltre promotore di una raccolta di sussidi da parte delle aziende locali da devolvere come offerte natalizie alle famiglie povere. Aiutare i cittadini significava per il sindaco spendersi personalmente presso l’amico di partito nonché sottosegretario di stato on. Martinelli per far ottenere loro più celermente la pensione di guerra, (vedi foto 2)oppure intervenire con poteri di polizia sanitaria per sanare situazioni di precarietà igienico-sanitaria: manifestazioni di difterite presso una scuola elementare ne causarono la chiusura e la relativa disinfestazione (vedi foto 3),

oppure l’afta epizootica (l’odierna mucca pazza) riscontrata dal veterinario in una stalla di un contadino erbese comportò la sospensione nel ’54 della “Fiera del Bue grasso”.
Enorme fu lo sforzo finanziario sostenuto per la costruzione di una nuova caserma dei carabinieri, mentre un sollievo alle casse comunali poteva derivare dalla imminente passaggio alla competenza statale dell’allora scuola media comunale C. Annoni. Tra le spese impreviste vi fu la messa in sicurezza del carcere mandamentale con sede in Erba a seguito dell’evasione di alcuni carcerati verificatasi nel dicembre del ’51.


Occorreva guardare al futuro: la popolazione del censimento del 1936 era di 8745 unità, mentre quella del ’51 era già di 11025. Il fabbisogno abitativo trovò una valvola di sfogo nella costruzione di alloggi col piano INA CASA e con l’Istituto Case Popolari, mentre le infrastrutture erano da ripensare: la città si era ingrandita a seguito delle varie fusioni con gli ex comuni raggiungendo i 77 km di strade comunali, di cui solo un terzo era asfaltato, ed il resto sterrato fintanto che non si fosse completata la rete fognaria consistente in ben 24 km da realizzare in 10 anni.

Inoltre, la strada che collegava Erba a Como percorsa dalla tramvia era diventata pericolosa soprattutto d’inverno per il crescente traffico automobilistico e, a seguito di numerosi incidenti provocati dal fondo dissestato che si creava intorno ai binari, nel ’56 l’amministrazione provinciale, su impulso del comune, provvedette all’asportazione dei binari del tram (vedi foto 4, celebrazione del 25 aprile del 1955 presso il monumento dei caduti).

In compenso, il sindaco Bartesaghi riuscì a strappare condizioni tariffarie più favorevoli sulle numerose tratte erbesi del trasporto pubblico di linea alla STECAV (Società Trazione Elettrica Comense Alessandro Volta) di Como, azienda che stava dismettendo gli ecologici tram per passare ai pulman a motore (vedi foto 5).

Il boom automobilistico era tale in quegli anni che la Prefettura di Como chiese a tutte le amministrazioni competenti di ingaggiare una dura lotta contro i rumori molesti causati dagli automezzi. Il comune di Erba, accogliendo l’appello, creò nel ’55 delle “zone del silenzio” all’interno dell’agglomerato urbano appositamente delimitato da appositi cartelli. Vennero affissi dei manifesti pubblici (vedi foto 6) che richiedevano agli automobilisti di limitare l’uso del clacson ai casi di assoluta necessità e di non usare marmitte aperte o motori privi di silenziatore.

L’amministrazione comunale fu protagonista “negativa” degli anni ’50 nel senso che, per far fronte a tutte le spese, dovette inasprire le numerose tasse e imposte comunali che l’ordinamento giuridico allora vigente concedeva alle autonomie locali. Tra queste citiamo un’incredibile varietà di imposte: sui domestici la cui tariffa fu portata a £ 1000 per le domestiche a £ 3000 per i domestici, sui pianoforti (£. 2000) e sui bigliardi (£. 5000), sulle vetture da rimessa o da piazza e private, sui cani differenziata a seconda del tipo di cane (£.6000 per quelli di lusso, £.2000 da guardia e £.600 da commercio), sulle macchine per caffè espresso, sul bestiame, sul valore locativo degli immobili, sulle licenze per esercizi pubblici, sul consumo di bevande, carni, combustibili, materiali per costruzioni edilizie e generi vari. La tassazione andava a colpire nel dettaglio gli esercizi pubblici, che nel ’52, erano davvero numerosi: in Erba vi erano 30 trattorie con locanda, 25 tra ristoranti e trattorie, 4 alberghi, 1 campeggio e altri 7 bar. Erano il simbolo di una città imperniata su un settore economico, il turismo, oggi decaduto, e in cui anche l’amministrazione comunale credeva, operando quel che oggi chiameremmo il marketing territoriale, comunicando cioè (vedi foto 7) ai privati quanto di bello e positivo c’era in città e nei dintorni per attirare turisti e imprese.

Altro settore economico allora molto forte era l’agricoltura e l’allevamento del bestiame (vedi foto 8), mentre la presenza di banche si limitava a soli 3 sportelli (Ambrosiano, Lariano e Cariplo).

Il 1951 fu l’anno del pareggio finanziario per casse comunali, ottenuto non solo con l’aumento delle entrate arrivate a 66 milioni, ma anche grazie a lunghe e dure trattative con i ministeri romani affrontate con successo dal sindaco per vedersi riconosciuti i crediti per l’occupazione militare tedesca subita e per la rinegoziazione di mutui molto onerosi.
Per amministrare una città in crescita con obiettivi ambiziosi e per prendere decisioni così forti come nella politica fiscale, occorreva avere orizzonti temporali molto lunghi e stabilità politica. Quanto al primo fattore, la legge statale riportò a 5 la durata del mandato amministrativo, mentre per il secondo furono gli erbesi a deciderlo: nel ’51 la DC alle elezioni comunali (vedi foto 9) si assicurò ancora la maggioranza assoluta dei voti sfiorando il 58% dei consensi rispetto al 29% della lista di sinistra “Pace e Lavoro”, al 6,4% della lista “di disturbo” di sinistra “Concentrazione democratica” e del 5,6% del MSI.

Ciascun elettore (vedi foto 10) poteva assegnare fino a 16 preferenze ai candidati consiglieri scegliendoli anche tra quelli di diverse liste (c.d. panachage) tuttavia, nonostante questa libertà notevole di espressione del voto, i voti si concentrarono su colui che divenne sindaco: il conte Scipione Barbiano di Belgioioso successe a se stesso il 17 giugno 1951 godendo in consiglio comunale di 14 voti a favore, 4 bianchi e 2 contrari.

La sua squadra era formata da 4 assessori effettivi e 2 supplenti eletti nel proprio seno dal consiglio comunale. Tra questi vi era Aimone Cat eletto nella lista MSI, e successivamente dimessosi volontariamente, segno che a Erba si stava sperimentando un “laboratorio politico”, l’alleanza tra la DC e il MSI, che fu esportato a livello nazionale in uno dei primi governi post-degasperiani.

L'ARCHIVISTA COMUNALE
Dr. Claudio Barbieri


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