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L'evoluzione della morfologia urbana

Ultima modifica 5 febbraio 2019

Le vicende storiche riferite nel precedente paragrafo non potevano non influenzare la morfologia urbana; esse ne costituiscono anzi l'indispensabile "chiave" di lettura.

Sotto l'aspetto istituzionale, l'attuale Comune di Erba è il risultato del processo aggregativo di ben sette comuni autonomi, i cui abitati - vicini ma "distinti" anche fisicamente -erano un tempo intervallati da zone inedificate più o meno ampie.

Questo originario carattere multipolare è tuttora chiaramente leggibile, anche se risulta in parte alterato dagli sviluppi edilizi dell'ultimo trentennio. Erba presenta ovunque una singolare struttura. urbana " a nuclei ", che consiste in una pluralità d'insediamenti, diversi per qualificazione e per consistenza e dislocati in un ambito spaziale palesemente "sproporzionato. Infatti, quella che molto impropriamente chiamiamo area urbana non ha il consueto carattere del continuum edificato , ma si presenta piuttosto come un "tessuto" disuniforme in cui i compatti "nuclei" originari (salvo quelli del tutto stravolti e soffocati dai più recenti sviluppi insediativi) sono ancora abbastanza individuabili ed appaiono come dispersi (cioè debolmente "legati") in un inconsistente tessuto connettivo generalmente tenue e comunque ancora tanto "poroso" da risultare scarsamente agglutinante.

I fattori polarizzanti dei più recenti sviluppi non sono, curiosamente, i singoli nuclei originari: la maggior parte di essi ha perso ormai ogni residua forza aggregante, tant'è che qualcuno è tuttora estraneo ai processi urbanizzativi in atto; sono piuttosto le vecchie arterie di traffico (ed ora anche le nuove) ormai convertite al ruolo di arterie primarie interne; oppure, per gli sviluppi turistici, sono le "emergenze" paesaggistiche.
Ovviamente, il nucleo centrale composite (Erba-Incino-Ròvere) esplica il maggiore effetto polarizzante, non solo per la sua "centralità" ma anche per il suo più alto livello d'infrastrutturazione. Qui i processi di sviluppo edilizio sono perciò più accelerati, convulsi e consistenti, con le inevitabili ed immaginabili conseguenze negative: elevato sfruttamento del suolo, rottura del quadro urbano, disordine ambientale, decadimento estetico complessivo, mortificazione (e talvolta manomissione) delle preesistenze storico-artistiche, carenze infrastrutturali e dotazionali, congestione circolatoria, promiscuità funzionale ecc. Effetti più che normali di un processo urbanizzativo largamente "spontaneo" o troppo debolmente" guidato" da una strumentazione urbanistico-edilizia forse inadeguata a sorreggerlo. Il risultato di un tale distorcente sviluppo è che il secolare equilibrio multipolare, che assegnava ad ogni nucleo un ruolo, una funzione ed una "personalità urbanistica", si va irreversibilmente frantumando, sicché i caratteri originari di ciascuno si stanno perdendo senza essere rimpiazzati da altri caratteri egualmente accettabili né da altre funzioni parimenti gratificanti. In virtù di questo crescente squilibrio la zona centrale dell'area urbanizzata stenta infatti ad assumere quel "volto urbano" che né l'altezza degli edifici, né il loro singolo eventuale pregio architettonico, né la dignità di talune sistemazioni ambientai i riescono da soli ad assicurare; mentre i nuclei periferici rischiano un'irrefrenabile decadenza o per lento ma progressivo svuotamento (di abitanti e di funzioni) oppure per un (non meno allarmante) progressivo processo di "periferizzazione", indotto da sviluppi edilizi tanto banali quanto anomali, non di rado a carattere speculativo o "valorizzativo", che violentano l'integrità delle vecchie concrezioni edilizie e brutalizzano -alternandoli -i lineamenti essenziali dell'ambiente.

Egualmente incoerente squilibrato e disarticolato è, nel suo insieme, il processo insediativo delle attività produttive.

Sorretto inizialmente da una logica localizzativa -che possiamo oggi recriminare e rifiutare ma che ha avuto indubbiamente una sua validità -esso è divenuto, nell'ultimo ventennio, incerto contraddittorio e dispersivo, rinunziando alla sicure "economie esterne" che gli sarebbero derivate da un'ordinata concentrazione spaziale, più agevolmente infrastrutturabile e dilagando in "ordine sparso" nel piano, sensibile al solo richiamo delle nuove grandi arterie di traffico od al basso prezzo delle aree più marginali.
Così, finché prevalse la logica iniziale, le aziende si localizzarono a nastro -abbastanza ordinatamente -lungo la ferrovia (facilità di trasporti) ed il Lambrone (facilità di prelievo e di scarico delle acque).

Quando, esaurendosi le occasioni insediative interne ed affievolendosi l 'interesse dei due fattori localizzativi citati, si è prospettata l'esigenza di una nuova sicura direttrice di sviluppo, è mancata in concreto una strategia insediativa coerente -che il Piano di Fabbricazione, purtroppo, non ha potuto o saputo esprimere -per cui i nuovi interventi si sono di fatto "dispersi", aiutati in ciò da uno strumento urbanistico che offre alle industrie ben tre diverse alternative di localizzazione (Sassonia, Molinara e California).

Questa imprudente leggerezza (o deprecabile carenza) ha avuto vistosi effetti compromissori su un'area di un certo interesse naturalistico e rende peraltro arduo -sotto il profilo operativo -ogni intervento di razionalizzazione e di riorganizzazione del settore.

Infine, sono da lamentare da un lato l'inefficacia (o l'imprevidenza) della strumentazione urbanistico-edilizia e dall'altro la distrazione od il lassismo della pubblica amministrazione (ai competenti livelli di competenza), nell'esplicare un'efficace azione di salvaguardia di talune infrastrutture irripetibili d'interesse comprensoriale, la cui eventuale rilocalizzazione non è ipotizzabile a breve termine sia per l'entità dell'impegno finanziario che per la difficoltà materiale di reperire aree idonee di rilocalizzazione o tracciati alternativi accettabili.

Ci riferiamo in particolare all'Ospedale di zona che presenta problemi di ampliamento e di accessibilità che persino il Piano ospedaliero regionale riconosce di ardua soluzione; nonché alla SS n.639 che subisce il continuo assalto della fin troppo vivace attività edificatoria latistante, che ne svilisce la funzione e ne compromette l'efficienza. Analogo rischio si profila per la cosiddetta "tangenziale 0vest", cioè per la recente superstrada per Canzo, ove non si adottino con urgenza - e si applichino con scrupolo -idonei provvedimenti di difesa.