Capitolo III: L’amministrazione Socialista (Parte 2)
Ultima modifica 5 aprile 2019
3.2.3 Bilancio di un anno di amministrazione socialista
Con l’approvazione del bilancio i socialisti avevano reso operative alcune delle più importanti modifiche al sistema amministrativo che erano state annunciate nel programma esposto in campagna elettorale. I primi risultati della loro politica si ottennero nel campo dell’assistenza scolastica con la riapertura delle scuole nel settembre del ’21 dopo le vacanze estive. Nonostante le critiche copiose dell’opposizione consiliare e di quella parte della cittadinanza che avversava i metodi e gli indirizzi della giunta Giussani, critiche che si indirizzavano sempre più verso la gestione delle risorse comunali, l’intervento diretto dell’amministrazione nel coordinamento e nel controllo della scuola pubblica diede i suoi frutti fin dalla sua prima applicazione. Prima della riforma socialista era compito del patronato scolastico occuparsi della gestione del contributo comunale in favore dell’assistenza scolastica. L’esiguità di tale fondo ( solo Lit. 300 annuali durante il mandato dell’ex sindaco Bassi), impediva all’organo preposto di effettuare un’efficace politica assistenziale che permettesse a tutte le famiglie di sostenere le spese necessarie all’istruzione dei propri figli. Secondo uno studio della Giunta municipale inoltre l’abbandono della scuola da parte di molti ragazzi dopo solo due o tre anni di studio era da imputarsi principalmente proprio alle difficili condizioni economiche del proletariato. Per molti era impossibile sostenere le spese per l’acquisto del materiale necessario all’istruzione. La giunta municipale compilò un elenco di tutti gli alunni delle famiglie meno abbienti avvalendosi della collaborazione dei maestri e dei rappresentanti dei genitori. Su una popolazione scolastica di circa 600 scolari, più della metà compariva nella lista. La cancelleria ed i libri vennero acquistatati alla sede dell’U.I.E.P. di Milano, con un risparmio del 50 % sul prezzo di vendita al minuto. La scelta di rivolgersi a questo ente, consigliata ai primi cittadini durante una riunione della Lega dei Comuni Socialisti, indispettì non poco i proprietari delle librerie e delle cartolerie di Erba ma si rivelò una decisione alquanto felice dal punto di vista economico: il risparmio era evidente a tutti. Ogni maestro aveva il compito di prelevare dal deposito scolastico l’occorrente per la propria classe e di distribuirlo equamente e secondo le necessità ai propri alunni riportando dettagliatamente ogni singolo oggetto prelevato e distribuito, in modo che l’amministrazione potesse sempre mantenere un rigido controllo sull’operato. I libri di testo infine venivano assegnati gratuitamente solamente agli scolari delle famiglie povere. Parte dello stanziamento previsto per l’assistenza scolastica venne poi utilizzato per la retribuzione degli insegnanti che rimanevano il pomeriggio per il dopo-scuola e per il servizio di mensa gratuito offerto agli alunni. Di tutte le iniziative intraprese dalla giunta socialista la riforma del sistema scolastico cittadino fu senza dubbio la più significativa e si guadagnò la prima pagina de “Il Lavoratore Comasco”. Nell’edizione del 29 marzo 1922 infatti al Comune di Erba fu dedicato un lungo articolo a fianco dell’editoriale in cui si lodava l’amministrazione cittadina per il lavoro svolto nel campo dell’istruzione pubblica e si invitavano gli altri comuni socialisti ad imitarne l’esempio. Vi si legge tra l’altro :
Giussani e i suoi assessori hanno trovato una soluzione al problema dell’assistenza scolastica senza compulsare né leggi, né regolamenti, né circolari burocratiche. Tutti gli alunni del comune, che frequentano le elementari (dalla prima alla sesta), vengono gratuitamente, e senza l’odiosa distinzione tra poveri e non poveri, forniti della cancelleria necessaria (quaderni, carta assorbente, pennini, gomme, matite, portapenne, fogli di disegno, doppio centimetro, squadra) dall’amministrazione. I libri di testo, che spesso rappresentano una spesa notevole, vengono assegnati gratuitamente solo ai non abbienti scelti nell’elenco nominativo di ciascuna classe fornito dall’insegnante in collaborazione con la giunta municipale.
Anche gli interventi nel campo dell’assistenza sanitaria non tradirono le aspettative e suscitarono buone impressioni tra tutti coloro che ne beneficiarono. Il medico condotto, al quale era stato raddoppiato lo stipendio grazie all’apposito fondo stanziato in bilancio, effettuava visite gratuite per tutti coloro che comparivano nell’elenco redatto in collaborazione colla Giunta e la somministrazione gratuita dei medicinali per le famiglie più bisognose procedeva regolarmente. Nella seconda metà del 1921 erano stati ritoccati alcuni tributi per aumentare ulteriormente le entrate comunali, come le tariffe annuali sulle pubbliche affissioni e le tariffe per le concessioni di “sepoltura speciale” unite a quelle dei trasporti funebri , ma in generale il gettito fiscale rimase ai livelli stabiliti dal bilancio preventivo. Tra le spese impreviste il comune dovette sobbarcarsi l’estinzione del debito con la Società Gas ed Elettricità di Erba contratto negli anni precedenti e rimandato fino all’avvenuta unificazione delle singole concessioni fatte alla società per l’impianto di distribuzione dell’energia elettrica. Risolta la questione delle concessioni la giunta decise di iniziare il pagamento degli arretrati assicurandone l’estinzione entro il 1923 . Nonostante le novità introdotte dai socialisti avessero richiesto un notevole sforzo economico, il 1921 si chiuse con un bilancio tutto sommato favorevole dell’attività amministrativa. Giussani e compagni avevano saputo rispettare l’impegno preso con i cittadini in campagna elettorale, almeno nelle linee guida del programma, ed erano stati in grado di contenere le critiche e le reazioni dell’opposizione. La cittadinanza aveva lentamente scordato il clima torrido della campagna elettorale e l’interesse per l’operato del consiglio comunale era andato sempre più scemando. In tutto l’anno si registrò solo un reclamo formale inviato ai nuovi amministratori, quello di alcuni commercianti che si lamentavano della tassa dazio e consumo applicata dalla giunta. Messo a votazione nell’aula consigliare, il reclamo venne respinto e scomparì nell’anonimato. Unica nota stonata rimaneva la riapertura del deficit delle casse comunali: alla fine del 1921 il comune era in “rosso” per circa 30000 lire.
3.3 La situazione alla fine del 1921
Il primo anno di governo aveva senz’altro consolidato la fiducia degli amministratori socialisti nel proprio operato: due importanti riforme, quella scolastica e quella del sistema sanitario, avevano visto il via senza particolari accanimenti da parte dell’opposizione, la maggioranza di consiglio aveva sempre deliberato all’unanimità e l’irrompere del movimento fascista appariva più una situazione temporanea che una realtà dalla quale difendersi. Mentre in gran parte della provincia lariana il 1921 segnò l’inizio dello squadrismo nero, ad Erba il fenomeno tardò a manifestarsi e le azioni dei fascisti locali balzarono alla cronaca solo a partire dal 1922. In realtà qualcosa si era già mosso durante l’anno trascorso, tuttavia la sezione erbese del fascio si era limitata ad organizzare piccole azioni di protesta nei confronti degli amministratori socialisti, senza sfociare in atti di violenza. Il 26 marzo 1921 si svolse per la vie della città la prima manifestazione indetta dai fascisti con lo scopo di compiere un gesto di solidarietà nei confronti delle vittime dell’attentato al teatro Diana di Milano . In realtà i cori delle camicie nere furono indirizzati più che altro contro gli amministratori “bolscevichi” . Un mese più tardi, nella settimana tra il 17 e il 24 aprile, il fascio erbese distribuì e fece affiggere sui muri della città un volantino tricolore in cui si denunciavano i “provvedimenti partigiani” adottati dalla giunta con il bilancio preventivo. Sul foglietto si invitava inoltre la cittadinanza a “…reagire contro un’amministrazione che antepone ai bisogni generali della popolazione gli impegni per la propaganda di partito” e si suggeriva di “…partecipare alle sedute pubbliche del consiglio per guardare con i propri occhi ciò che i socialisti stanno distruggendo” . Sicuramente più teso il clima alla vigilia delle elezioni politiche del 15 maggio successivo, le prime alle quali parteciparono anche i fascisti che con i liberali conservatori avevano costituito il Blocco Nazionale (il Partito Nazionale Fascista verrà fondato solo nel novembre del 1922). A Como si registrarono incidenti e provocazioni durante tutto il periodo precedente le votazioni. Le spedizioni punitive degli squadristi si intensificarono e sedi e cooperative socialiste ne fecero le spese. Dal resto dell’Italia le notizie non erano certo più rassicuranti. Nonostante nulla facesse presagire lo scoppio di tumulti ed agitazioni anche nella città di Erba il Giussani decise di mandare un segnale chiaro di distensione a tutta la popolazione: il 28 aprile fece pubblicare dal municipio un manifesto scritto di suo pugno e approvato dal consiglio all’unanimità :
Il sindaco, in vista delle politiche, invita tutti i cittadini di qualsiasi partito o tendenza politica a volersi astenere da qualsiasi atto o manifestazione che possano offendere i sentimenti altrui e facilitare così ad ognuno la libera esplicazione di programmi e il libero diritto di voto. Qualora tutti i partiti evitassero le provocazioni, questa lotta politica potrà svolgersi civilmente; tutti i partiti potranno godere la propria libertà e nel nostro comune non si verificheranno i dolorosi avvenimenti successi in molti paesi d’Italia. Ogni cittadino, conscio della gravità dell’ora, deve portare il proprio contributo al mantenimento dei buoni rapporti civili tra tutti i partiti ed è per questo che l’amministrazione comunale ha piena fiducia che il presente invito sarà ben accolto da tutta la popolazione.
Fortunatamente a Erba le elezioni politiche del 15 maggio si svolsero in un clima di assoluta tranquillità confermando che l’organizzazione dei fascisti nella città era ancora alle fasi iniziali. A livello Nazionale i socialisti persero alcune posizioni, ottenendo 123 seggi (dai 156 della legislatura precedente, i socialisti persero circa mezzo milione di voti). Il neonato partito comunista se ne aggiudicò 16, i popolari 107 mentre i partiti costituzionali riuniti nel blocco conquistarono ben 275 posti in Parlamento . Nel collegio di Como-Sondrio i socialisti confermarono la propria leadership con 56744 voti, seguiti da popolari (54334), blocco nazionale (38899) e comunisti (5889) . Anche a livello provinciale tuttavia era evidente la flessione delle preferenze ottenute dal partito socialista (rispetto al 1919 il PSI perse circa 5000 voti), la cui posizione si era indebolita sia a causa della scissione di Livorno sia per la ripresa dei “partiti dell’ordine” rinvigoriti dall’alleanza con il movimento fascista. Ad Erba la candidatura tra le file del blocco dell’on. Venino , persona conosciuta e stimata da tutti gli abitanti della piana erbese, fece confluire la maggioranza delle preferenze proprio su quest’ultimo assicurando al Blocco 330 voti contro i 325 dei socialisti, 321 dei popolari e 31 dei comunisti. La sconfitta del partito socialista nel collegio di Erba non impensierì più di tanto gli uomini del sindaco Giussani. A conti fatti il PSI rimaneva pur sempre la prima forza in tutta la provincia e la situazione non era tale da suggerire un ripiegamento delle posizioni assunte dal consiglio comunale durante la prima parte dell’anno. Il 1921 si chiuse senza particolari contestazioni all’operato della Giunta e l’idea degli amministratori era quella di utilizzare l’anno successivo per concretizzare quella parte di programma annunciata in campagna elettorale e che nel primo anno di governo non era stata realizzata.
3.4 Il secondo anno di governo
Se nel corso del 1921 la situazione politica dell’Italia aveva dato i primi segnali di cedimento sotto l’irrompere del movimento fascista, l’anno successivo segnò l’inesorabile ascesa del partito di Mussolini, culminata con la marcia su Roma del 24 ottobre e la nomina del Duce a capo del governo (“legittimata” dal re Vittorio Emanuele III) . Lo squadrismo nero intensificò in quell’anno la propria azione colpendo principalmente le sedi e le organizzazioni del partito socialista e di quello comunista. La provincia di Como subì in modo particolarmente feroce il fenomeno delle missioni punitive delle camicie nere anche perché negli ultimi due anni tutti gli organi provinciali e ben 179 comuni erano stati conquistati da maggioranze “rosse”. Anche ad Erba la situazione precipitò in un clima di altissima tensione tra l’amministrazione socialista e la sezione locale del fascio e, se è vero che lo squadrismo non fece alcuna vittima (se non altro tra i cittadini erbesi), è altrettanto vero che minacce, intimidazioni e qualche sonora bastonata convinsero Giussani e compagni a farsi da parte nel gennaio del 1923. Tuttavia nei primi mesi del 1922 la situazione appariva ancora relativamente tranquilla ed i socialisti proseguirono con l’attuazione del loro programma. Il 21 gennaio, con largo anticipo rispetto alla precedente stagione, fu presentato il bilancio preventivo. L’esperienza del primo bilancio redatto dall’amministrazione Giussani, la cui approvazione definitiva venne ritardata dal ricorso dell’opposizione, e la tensione provocata dagli episodi di violenza che si intensificavano in tutta la provincia, convinsero la giunta ad affrettare i tempi della compilazione. Il nuovo piano finanziario si discostava ben poco rispetto a quello precedente. Vennero confermati tutti gli stanziamenti relativi all’assistenza scolastica e sanitaria, così come i contributi in favore della Lega dei Comuni Socialisti e della locale sezione della Camera del Lavoro. Anche la riforma tributaria approvata nel 1921 non subì sostanziali modifiche ad eccezione della tassa dazio consumo che fu sottoposta ad un ulteriore aumento del 10 % . Le vere novità riguardavano la linea più morbida intrapresa dalla giunta nei confronti dell’opposizione. Al fine di evitare nuove polemiche che avrebbero inasprito un clima già teso a causa delle contestazioni fasciste il sindaco decise di sua iniziativa di affidare al Bartesaghi (portavoce dell’opposizione in consiglio comunale) il compito di guidare la commissione che avrebbe compiuto gli studi necessari per la municipalizzazione dell’azienda fornitrice del gas e dell’energia elettrica . Con lo stesso intento la Giunta assegnò a Luigi Zappa (che non sedeva in consiglio comunale tra i banchi dell’opposizione ma che era stato capo-lista dei liberali nelle ultime elezioni amministrative) l’incarico di supervisore del neonato ufficio tecnico per la gestione dell’acquedotto comunale. A voti unanimi il consigliò deliberò inoltre di concedere alla Croce Verde locale uno stabile di proprietà comunale, a titolo interamente gratuito, per la durata di un decennio. Se da un lato queste forme di apertura verso popolari e liberali avevano avuto l’effetto di stemperare la tensione all’interno del consiglio municipale, dall’altro esse non ripararono l’amministrazione dall’accusa, per lo più fondata, di aver aperto un grosso deficit nelle casse comunali. Alla fine del 1921 il comune si trovava in una condizione economica alquanto compromessa con un disavanzo di Lit. 30000 ma, fatto ancor più grave, nel nuovo piano finanziario non compariva alcun provvedimento in grado di attenuare tale debito.
BILANCIO PREVENTIVO 1922
ENTRATE
Rendite patrimoniali: 4.339
Proventi diversi 40.660
Tasse e sovrimposte 193.125
Entrate straordinarie 29.430
Partite di giro 7965
Avanzo precedenti
amministrazioni 0
Totale Lit. 275.519
USCITE
Spese obbligatorie ordinarie
Oneri patrimoniali 12815
Spese generali 45.575
Pulizia ed igiene 48.399
Sicurezza pubblica e giustizia 9.228
Opere pubbliche 22.567
Istruzione pubblica 18.661
Spese per i culti 65
Spese per beneficenza pubblica 25.420
Spese obbligatorie straordinarie
Pulizia e igiene 500
Spese generali 26.500
Sicurezza pubblica e giustizia 100
Opere pubbliche 2.666
Istruzione pubblica 5.050
Spese facoltative ordinarie e straordinarie
Spese generali 1550
Istruzione pubblica 10.600
Opere pubbliche 50
Estinzione debito 32.380
Contabilità speciale 7965
Totale spese 275.519
3.4.1 Il disavanzo finanziario e la questione ospedaliera
Nel bilancio preventivo compilato dalla giunta Giussani per il 1922 non compariva il disavanzo accumulato nel precedente anno di amministrazione. L’omissione non fu casuale ed era legata alla risoluzione dell’annosa questione ospedaliera che si protraeva da più di vent’anni. I socialisti alla guida del comune avevano deliberatamente deciso di sospendere il pagamento delle spedalità all’Ospedale Maggiore di Milano in attesa della costruzione dell’ospedale di circolo mandamentale Erba-Asso che avrebbe accolto i malati fino ad allora destinati alla struttura sanitaria del capoluogo. Il comune di Milano tramite la Cassa di Risparmio aveva stanziato nel 1920 fondi per 15 milioni di lire destinati ai comuni che avessero rinunciato al diritto al ricovero presso l’Ospedale Maggiore, fondi che sarebbero serviti per la costruzione di nuovi ospedali in grado di alleggerire la pressione sulla clinica milanese. Proprio su questi investimenti contava l’amministrazione socialista per estinguere il proprio debito costituito in massima parte dalle spedalità arretrate. La questione però, che nel 1920 sembrava potersi chiarire entro breve termine, risultò ben presto più complicata del previsto. Il tema del decentramento ospedaliero dei comuni dell’ex Ducato di Milano (che per la provincia di Como erano la maggioranza), fu un argomento preso in considerazione dagli organi competenti fin dai primissimi anni del secolo. Già a quei tempi infatti l’Ospedale Maggiore stentava ad accogliere le centinaia di malati che i comuni delle province di Como, Bergamo, Cremona, Pavia e della stessa periferia milanese inviavano alla struttura pubblica del capoluogo, in virtù del diritto goduto da quelle terre in quanto territori dell’ex Ducato. Il consiglio provinciale di Como già nel marzo del 1903 aveva incaricato una speciale commissione di redigere una relazione dettagliata sulla situazione degli ospedali presenti nel territorio lariano . La commissione rivelò le condizioni pessime in cui versavano le poche cliniche comasche e la mancanza quasi totale di sale operatorie efficienti. Nel marzo del 1904 il consiglio giunse quindi alla conclusione che la soluzione più indicata per evitare il sovraffollamento dell’Ospedale Maggiore ( l’unica struttura dotata di un’attrezzatura sempre all’avanguardia) era quella di provvedere alla costruzione di ospedali mandamentali all’interno del territorio provinciale. Il progetto prevedeva la creazione di dieci nuovi ospedali di circolo, uno dei quali, il decimo, destinato alla zona di Erba. Nel 1915 finalmente una forte maggioranza dei comuni interessati, con regolari deliberazioni delle rispettive giunte municipali, affidava ad una commissione composta da otto rappresentanti delle cinque province il compito di aprire trattative concrete con il comune di Milano per la risoluzione della questione.
Rappresentanza Esecutiva dei Comuni Foresi dell’ex Ducato di Milano
- Banfi Enrico presidente della rappresentanza
- Pasta Olinto per i comuni della provincia di Milano
- Castelletti Vincenzo per i comuni della provincia di Como
- Fardelli Ferdinando per i comuni della provincia di Bergamo
- Roldi Giuseppe per i comuni della provincia di Cremona
- Grassi Paolo per i comuni della provincia di Pavia
Nel frattempo nel mandamento di Erba e in quello di Asso sorgeva un comitato presieduto dall’allora sindaco Bassi in collaborazione con l’amministrazione assese con l’obiettivo di creare un consorzio ospedaliero intermandamentale tra i due comuni che si occupasse della creazione dell’ospedale di circolo previsto in quella zona dalla delibera del consiglio provinciale del 1905. L’ospedale, secondo le direttive dell’organo provinciale, avrebbe dovuto trovarsi in una posizione intermedia tra i due mandamenti e lo stesso comitato nel 1918 trovò nel paesino di Carpesino, frazione situata appunto a circa metà strada tra Erba ed Asso, un grosso convento in perfette condizioni che le suore locali cercavano di vendere. Il comitato bloccò la vendita dello stabile assicurandone l’acquisto entro i due anni successivi e nel 1919 diede vita al consorzio costituito dai rappresentanti dei quaranta comuni dei due mandamenti. Il 25 aprile 1920 la struttura scelta dal comitato venne ritenuta idonea dopo l’ispezione compiuta dall’ispettore ministeriale coadiuvato dal presidente del consiglio provinciale : il progetto poteva partire. La settimana successiva alcuni tra gli aderenti al comitato promotore (tra i quali lo stesso sindaco Bassi e l’allora consigliere di minoranza per i democratici Bartesaghi) con l’obiettivo di accelerare le pratiche si fecero garanti verso la Cassa di Risparmio di Milano perché concedesse loro il mutuo di Lit. 400.000 necessario all’acquisto dello stabile. La banca accordò il finanziamento e, nonostante mancasse ancora l’approvazione definitiva di tutte le giunte municipali, il convento di Carpesino divenne di proprietà del consorzio. L’insediamento dei socialisti nel consiglio comunale di Erba alla fine del 1920 diede un nuovo impulso alle trattative poiché il decentramento ospedaliero divenne presto una delle prerogative della politica di Giussani e compagni. Lo stesso sindaco entrò a far parte del comitato promotore agendo in perfetta sintonia sia con il Bassi che con il Bartesaghi, suoi acerrimi rivali in campo politico ma collaboratori preziosi nella crociata per l’indipendenza ospedaliera. Fu questo l’unico tema sul quale amministrazione, opposizione ed opinione pubblica si trovarono sempre d’accordo. Persino le leghe di mestiere erbesi, cattoliche e socialiste, si unirono in una campagna per raccogliere fondi “pro ospedale” . Tutta la cittadinanza tuttavia partecipò all’iniziativa tanto che nel giugno del 1922 Erba aveva complessivamente raccolto l’esorbitante somma di circa 80.000 lire. Perché i lavori di ristrutturazione dello stabile potessero iniziare mancava però la ratifica di tutti i comuni aderenti al consorzio. Ciascuna amministrazione avrebbe dovuto deliberare formalmente la rinuncia al diritto di cura presso l’Ospedale Maggiore e lo stanziamento in bilancio di una quota pari a 15 lire per ogni abitante destinata alla creazione della nuova struttura. La quota sarebbe poi stata rimborsata quando si fossero incassati gli incentivi stanziati dal comune di Milano attraverso la Cassa di Risparmio ( la somma spettante ai comuni della circoscrizione ospedaliera Erba-Asso era di Lit. 800.000). Ottenuto l’accordo di tutte le municipalità interessate i lavori avrebbero potuto iniziare. La giunta di Erba aveva già provveduto alle delibere il 29 maggio 1921 ed attraverso comizi e conferenze invitava gli altri comuni a fare altrettanto. Purtroppo la precaria situazione economica di molte amministrazioni ritardò l’approvazione del progetto e quando a causa dell’irrompere del movimento fascista tutte le amministrazioni comunali di stampo socialista furono costrette a rassegnare le dimissioni ( dicembre 1922 - aprile 1923) la proposta si perse nel dimenticatoio. Lo stabile di Carpesino fu rivenduto al Pio Istituto Sacra Corona di Milano il 4 marzo 1923. La mancata costruzione dell’ospedale comportò la rinuncia ad una serie di benefici che avrebbero sensibilmente ridotto il costo dell’assistenza sanitaria nei bilanci comunali. Si era infatti calcolato che le rette per il ricovero dei malati “poveri” (quelli per i quali il comune aveva l’obbligo di pagarne la degenza), nel nuovo ospedale di circolo sarebbero state di due terzi inferiori rispetto alla diaria dell’Ospedale Maggiore ( lievitata a 20 lire giornaliere cui si dovevano aggiungere le spese di trasporto). La conseguenza più grave ricadde tuttavia su quelle amministrazioni (come quella di Erba) che avevano creduto fino in fondo alla realizzazione del progetto ed avevano sospeso il pagamento delle spedalità alla clinica milanese. Nei conti di questi municipi si aprirono in pochi mesi deficit paurosi.
3.4.2 Le difficoltà dei socialisti fuori e dentro il consiglio comunale
Se il disavanzo finanziario causato dalla sospensione del pagamento delle spedalità all’Ospedale Maggiore di Milano dava legittimità alle accuse di incapacità di gestione della cosa pubblica rivolte all’amministrazione socialista, accuse che provenivano dalle forze politiche esterne alla vita municipale (in primo luogo dal fascio locale), anche in seno al consiglio comunale Giussani e compagni si trovarono nel corso del 1992 ad affrontare difficoltà che mai si sarebbero aspettati. La nascita del partito comunista in seguito alla scissione dell’ala rivoluzionaria del partito socialista dalla corrente dei massimalisti unitari (congresso di Livorno, gennaio 1921) aveva avuto i suoi effetti anche tra le file della maggioranza che guidava l’amministrazione comunale di Erba. Nei mesi successivi la creazione del nuovo partito sette consiglieri avevano abbracciato la causa comunista. Il consiglio nella prima seduta del 21 gennaio 1922 risultava quindi essere composto da nove consiglieri socialisti, sette comunisti e quattro popolari: la maggioranza aveva perduto la compattezza che ne aveva contraddistinto l’operato durante il suo primo anno di governo. La prima conseguenza della spaccatura all’interno della coalizione furono le dimissioni di due assessori comunisti presentate al consiglio comunale il 20 febbraio 1922. Antonio Pontiggia e Carlo Nava lasciarono le proprie cariche “…in seguito all’avvenuta scissione del Partito Socialista Italiano, quali aderenti al Partito Comunista d’Italia – sezione della Terza Internazionale, dietro invito del congresso…” . La rottura dell’equilibrio nella maggioranza consigliare tuttavia avvenne in maniera più nitida solo nel marzo successivo, quando la G.P.A. rinviò all’organo comunale il bilancio preventivo, in seguito al solito ricorso presentato dall’opposizione. Durante la seduta di approvazione del piano finanziario nel gennaio ’22 il gruppo di consiglieri comunisti aveva fatto domanda alla giunta perché venisse aumentata la previsione per l’assistenza scolastica portando lo stanziamento a Lit. 15.000 (il bilancio ne prevedeva 10.000 come l’anno precedente). Il sindaco aveva risposto che la somma stanziata nel 1921 si era dimostrata sufficiente “…pur usando criteri affatto ristretti nella scelta degli alunni che ne beneficiano…” e la proposta venne respinta. In occasione della seconda approvazione del bilancio, durante la seduta del 7 marzo, i comunisti restituirono lo smacco e si unirono all’opposizione votando contro l’emendamento che prevedeva l’assegno di Lit. 1.500 destinato al rimborso delle spese sostenute dal sindaco. Per la prima volta i socialisti furono sconfitti in una votazione consigliare. Il fatto di per sé non rappresentava che un piccolo sbandamento all’interno della maggioranza, ma, dall’esterno, coloro che avversavano la politica dell’amministrazione “rossa” interpretarono l’accaduto come un chiaro segnale di indebolimento della compagine socialista. Nei primi giorni di aprile il Giussani fu chiamato a comparire in giudizio in seguito alla citazione presentata dai proprietari delle due farmacie della città. Il dottor Robbio e il dottor Bertarelli chiedevano che le loro attività fossero escluse dalla lista delle ditte di “speciale importanza” alle quali era stata applicata l’aliquota massima di Lit. 2.000. Nello stesso mese e nei mesi successivi giunsero in municipio i ricorsi di decine di commercianti che protestavano contro l’aumento della tassa dazio-consumo. Molto probabilmente ad alimentare le lamentele contribuiva in maniera determinante l’azione del fascio locale che a partire dal nuovo anno aveva intensificato la propaganda contro “gli usurpatori bolscevichi”.
3.4.3 Gli ultimi mesi alla guida del comune
Nella seconda metà del 1922 la posizione dell’amministrazione socialista alla guida del comune di Erba si fece quanto mai precaria. I fascisti attraverso le pagine del loro organo di stampa ufficiale, “Il Gagliardetto”, chiedevano a gran voce le dimissioni della giunta Giussani minacciando “sane manganellate” per coloro che ne sostenevano la permanenza in municipio. Dalle provocazioni si passò ben presto ai fatti. Il 31 agosto fu assaltata la Casa del Popolo di Erba dalla quale vennero asportate vessilli e bandiere rosse in seguito esibite trionfalmente per le vie della città . Il mese di settembre vide l’aggressione da parte delle camicie nere nei confronti di diversi operai al rientro dal posto di lavoro. Risse e tafferugli scoppiavano di continuo ogniqualvolta militanti fascisti entravano in contatto con socialisti e comunisti: la situazione andava degenerando. Il segretario politico del P.N.F. per la sezione di Erba, Pierino Frigerio, attraverso volantini e comunicati puntualmente riprodotti sul periodico del movimento accusava l’amministrazione di gravi irregolarità commesse durante le ultime elezioni, di provvedimenti faziosi e di una politica rivolta esclusivamente alla salvaguardia degli interessi politici del proprio partito. Non veniva risparmiata nemmeno l’opposizione, colpevole di comportamento arrendevole e accondiscendente, così come il prefetto, reo di soprassedere di fronte alle malefatte socialiste. Il 30 ottobre la sezione organizzò una grande manifestazione per festeggiare la presa di Roma da parte delle camicie nere e in quell’occasione i rappresentanti del fascio giurarono solennemente che entro breve l’amministrazione socialista sarebbe stata costretta ad andarsene, “…con le buone o con le cattive”. L’azione dei fascisti si intensificò all’indomani della salita al potere di Mussolini, quando il clima politico volgeva a loro completo favore, e soprattutto all’indomani della nomina del nuovo prefetto, Vincenzo Pericoli, uomo sicuramente più vicino al Duce di quanto non lo fosse il suo predecessore Secondo Dezza. Il nuovo prefetto diede ascolto alle denunce pervenutegli dalla sezione del fascio erbese e richiese un’ispezione che accertasse la regolarità dell’apparato amministrativo comunale. Non è stato possibile risalire al contenuto della relazione che il commissario preposto presentò alla prefettura al termine dell’inchiesta. Di certo l’accaduto sconvolse non poco la compagine socialista. In un clima di incertezza generale l’amministrazione si trovò nelle condizioni di dover reagire in perfetta solitudine. La Lega dei Comuni Socialisti stava per essere sciolta, la Camera del Lavoro era stata presa d’assalto nell’incursione fascista alla Casa del Popolo ed il nuovo prefetto non dava alcuna garanzia di affidabilità. Con ogni probabilità l’inchiesta ordinata dalla prefettura non diede alcun risultato, tuttavia i socialisti si convinsero che la situazione era divenuta tale per cui era giunta l’ora di farsi da parte. Questa l’ordinanza inviata agli uffici comunali di Erba il 6 dicembre 1922 :
PREFETTURA DI COMO
GABINETTO
IL PREFETTO
DELLA PROVINCIA DI COMO
Attese le denuncie di gravi irregolarità che si imputano alla Amministrazione Comunale di Erba Incino prodotte alla Prefettura da molti contribuenti del Comune;
Da mandato
al Consigliere di Prefettura Cav. Ceccato dott. Vittorio di procedere ai necessari accertamenti. Al medesimo verrà corrisposta la indennità di lire 54 giornaliere oltre al rimborso delle spese di viaggio.
Como, 6 Dicembre 1922
IL PREFETTO