Capitolo III: L’amministrazione Socialista (Parte 1)
Ultima modifica 5 aprile 2019
3.1 L’insediamento dei socialisti in municipio
La vittoria elettorale conquistata nelle elezioni amministrative del 10 ottobre 1920 consegnò ai candidati socialisti le chiavi del municipio di Erba. Essi ottennero l’elezione in blocco della propria lista e poterono quindi contare su di una maggioranza molto cospicua composta da ben sedici consiglieri . Essendo il consiglio comunale di allora costituito da venti membri, alla lista seconda classificata fu assegnata una rappresentanza di soli quattro componenti, corrispondenti ai candidati più votati. Il nuovo consiglio comunale risultò quindi essere strutturato in una maggioranza composta dai consiglieri socialisti (16) e una minoranza formata dai rappresentanti del partito popolare (4) . Nessun candidato liberale entrò a far parte dell’organo amministrativo e già di per sé questo fatto riassume il periodo di rinnovamento politico-istituzionale che la città di Erba stava suo malgrado vivendo: per la prima volta due partiti di massa che rompevano di netto con la tradizione delle forze costituzionali si insediavano in un comune guidato fino a quel momento da persone la cui appartenenza politica era sempre passata in secondo piano. Lo stupore dell’opinione pubblica cittadina nell’osservare un’amministrazione composta da uomini che parlavano di Lenin, soviet e rivoluzione fu, a ridosso delle elezioni, più forte delle critiche degli avversari e gran parte della popolazione inizialmente rimase in attesa di vedere all’opera i nuovi amministratori. Molte polemiche si erano infatti spente il giorno del voto ed anche i periodici liberali e cattolici abbandonarono le previsioni catastrofiche pre-elettorali per iniziare un’analisi più pacata del programma socialista. Del resto la vittoria di Giussani e compagni era stata abbastanza netta e soprattutto balzava alla luce, osservando lo scarto di voti tra il primo e l’ultimo dei candidati rossi (solo 47), la compattezza dell’elettorato di sinistra di Erba. Spettava alla nuova giunta non deludere questi elettori, dimostrando di essere all’altezza della situazione e di non temere la reazione degli avversari i quali, passata la delusione per la sconfitta, non avrebbero certo tardato a sfruttare ogni occasione per metterli in difficoltà.
All’indomani della pubblicazione dei risultati elettorali sui maggiori giornali della provincia la sezione locale del P.S.I. organizzò una grande festa alla Casa del popolo per celebrare la vittoria. Alla cerimonia parteciparono i segretari delle Leghe, le commissioni interne degli stabilimenti, circoli e sezioni socialiste di altri comuni vicini in un clima di euforia che stentava a ricomporsi. Tra coloro che avevano partecipato alla campagna elettorale vi era la netta sensazione che qualcosa stava effettivamente cambiando e che quel risultato tanto sudato non fosse che l’inizio di un cammino duraturo e ricco di soddisfazioni. La conquista del comune (unita a quella di altri 179 nel territorio comasco nonché del consiglio provinciale) e la crescita del P.S.I. in tutta Italia non furono i soli motivi a rallegrare gli ambienti socialisti. Dall’altra parte dello scacchiere politico sembrava infatti che gli avversari non fossero in grado di contrastare il movimento “rosso”, divisi da ideologie e particolarismi che impedivano alleanze ed accordi. I fatti dimostreranno in seguito l’infondatezza di tale euforia.
3.1.1 L’elezione del sindaco e della giunta
La prima seduta del nuovo consiglio comunale si svolse il 24 ottobre 1920 e vide all’ordine del giorno l’elezione del sindaco e della giunta comunale. La maggioranza socialista era al completo con i suoi sedici consiglieri, mentre sui banchi dell’opposizione sedevano i popolari Battista Bartesaghi, Tullio Pontiggia, Gaetano Bosisio e Renato Gaffuri. Quest’ultimo presiedette la seduta in qualità di membro anziano mentre nella carica di segretario comunale era presente il solito Pierino Pellegata. Paradossalmente i membri della minoranza erano anche gli unici ad avere avuto esperienza in ambito amministrativo avendo ricoperto più volte in passato diverse cariche all’interno del municipio. Prima di entrare in possesso delle facoltà di “consigliere” tutti i nuovi membri (quindi ogni candidato socialista) dovettero presentare in base alla legge comunale e provinciale la dichiarazione rilasciata dal notaio in cui veniva attestata la capacità di leggere e scrivere tramite l’esito positivo di esami scolastici, requisito necessario per l’iscrizione nelle liste elettorali . Il Giussani, non avendo terminato gli studi elementari, dovette consegnare alla commissione elettorale il seguente documento:
Onorevole Commissione Elettorale
di Erba Incino
Io sottoscritto Giussani Giuseppe di fu Angelo e fu Baruffini Bianca nato a Erba il 16 dicembre 1870 domiciliato a Erba Incino e residente a Erba Incino abitante in via Mazzini
Domando di essere inscritto nelle liste elettorali per titolo di capolista.
Con ossequio
Giussani Giuseppe
Certifico io notaio sottoscritto che il signor Giussani Giuseppe del fu Angelo e della fu Baruffini Bianca nato a Erba il 16 dicembre 1870 e domiciliato a Erba Incino, muratore, della cui identità personale io notaio sono certo, ha scritto e sottoscritto di suo pugno la su estesa domanda senza dettatura di sorta.
Certifico pure che il sig. Giussani Giuseppe fu Angelo ha scritto e sottoscritto la domanda di cui sopra alla presenza e vista mia e dei testimoni noti e idonei ai sensi di legge come essi confermano signori Coisson Maddalena fu Giacomo, maritata Berna, nata a Torre Pellice e residente a Erba Incino, casalinga, Nava Germana fu Michele nubile, casalinga, nata a Incino e residente a Erba Incino e Berna Giacomo di Enrico, nato a Incino e residente a Erba Incino, albergatore.
Erba Incino li 20 ottobre 1920
Su il nome del nuovo sindaco vi fu tra i socialisti pieno accordo. Il Giussani non era solo il capolista e il maggior esponente del partito nella sezione di Erba, egli godeva infatti di una stima e di una considerazione unanimi tra i suoi ed era stato senza dubbio l’artefice della vittoria elettorale. I voti del nuovo consiglio comunale assegnarono a lui la carica di sindaco per il quadriennio 1920/1924 con una maggioranza di 15 preferenze su 20 . L’opposizione ( così come lo stesso Giussani) si astenne dalle votazioni consegnando schede bianche. Risultato medesimo si ottenne per l’elezioni della giunta (del resto la struttura dirigente all’interno della lista socialista era già stata ampiamente discussa ed approvata nelle riunioni alla Casa del Popolo durante la campagna elettorale). La scelta dei quattro assessori effettivi (che con il sindaco componevano la giunta) ricadde su Angelo Civati, Antonio Pontiggia, Mario Chiesa e Carlo Nava, assessori supplenti Biagio Malinverno e Carlo Ratti . Le formalità erano state esplicate, sindaco e giunta si apprestavano ad iniziare quel cammino di riforme prospettato nei comizi elettorali nonostante non avessero fatto alcuna prova nel campo tecnico né in quello amministrativo. Essi godevano di una libertà d’azione molto vasta all’interno del municipio, potendo disporre di una maggioranza schiacciante in consiglio comunale e di un elettorato compatto tra la cittadinanza: il progetto socialista poteva cominciare. Già nella prima seduta però, al termine delle votazioni, la nuova amministrazione si macchiò di un gesto, apparentemente innocuo, che urtò invece pesantemente la sensibilità dell’opinione pubblica cittadina e dimostrò come i socialisti avrebbero guidato il comune imprimendo alle proprie scelte un’impronta politica tutt’altro che sottile. A fronte della richiesta dell’opposizione di esporre come di consueto la bandiera tricolore dal balcone della sala delle adunanze il Giussani ordinò a nome della maggioranza che fosse esposta piuttosto la bandiera rossa fino alla sera dello stesso giorno . Il sindaco venne accusato di “settarismo bolscevico” e di “comportamento irriverente verso la patria” : si era tornati in un solo giorno al clima surriscaldato dei mesi precedenti le elezioni. In effetti può apparire quantomeno esagerata la reazione di quanti non avevano votato la lista “rossa” di fronte alla semplice esposizione di una bandiera dai balconi municipali, ma se si considera il fatto che per più di trent’anni gli erbesi si erano abituati a vedere il tricolore nel giorno del cambio di consegne dell’amministrazione, si comprende come questo gesto sia stato considerato al pari di un atto provocatorio se non di aperta sfida verso tutto l’apparato istituzionale.
3.1.2 I primi passi della nuova amministrazione
Una delle priorità di competenza delle amministrazioni comunali nei piccoli e medi comuni del periodo in questione era quella di nominare i consigli amministrativi e i presidenti delle associazioni pubbliche cittadine nonché dei vari organi rappresentanti. Solitamente la maggioranza del consiglio comunale conferiva ai propri membri o ai militanti del proprio partito quelle cariche cosiddette “tecniche” come la commissione elettorale, i rappresentanti del Comitato Forestale, del Consorzio Agrario e di quello Sanitario, lasciando che alla guida delle associazioni cittadine rimanessero quelle persone che da sempre ne avevano caratterizzato l’operato (spesso con sacrifici e grande devozione), a prescindere dal loro colore politico. Il progetto socialista tuttavia prevedeva riforme di tale spessore (come la laicizzazione dalla Congregazione di Carità e la municipalizzazione degli asili) per cui sarebbe stato impensabile secondo il Giussani non possedere il controllo diretto di tutti quegli organismi che avevano un ruolo “pubblico” nella vita degli erbesi. Fu per questo motivo che nelle prime due sedute ordinarie del consiglio comunale vennero completamente rinnovati i vertici di tutte le associazioni e di tutti gli organi dipendenti dal municipio. Grazie alla maggioranza consiliare i socialisti ebbero la possibilità di nominare propri rappresentanti nei vari consigli di amministrazione scegliendoli tra gli stessi consiglieri o tra le persone che militavano nell’orbita del partito ma che ancora non possedevano una carica pubblica. In questo modo essi ampliarono fortemente la loro influenza sull’ apparato amministrativo della città ed accrebbero la propria libertà d’azione. All’opposizione venne concessa solamente la nomina di “revisori dei conti” per tre dei suoi consiglieri (Bosisio, Gaffuri, Pontiggia), ma su proposta del Batesaghi (capogruppo e portavoce della minoranza) questi ultimi rifiutarono in segno di protesta contro la faziosità delle scelte socialiste. Le votazioni del consiglio furono ancora una volta scontate e videro la maggioranza agire in perfetta unione e la minoranza astenersi consegnando schede bianche. Queste furono le nomine con cui Giussani e compagni si assicurarono ulteriormente il controllo della città:
- presidente della Congregazione di Carità:
Pontiggia Antonio
- membri della Congregazione di Carità:
Civati Angelo, Testori Alessandro,Galimberti Ambrogio, Mazzucchelli Francesco
- consiglio di amministrazione Asilo Biraghi:
Prina Federico, Civati Emilio, Giussani Antonio, Bonanomi Silvio, Nava Carlo
- commissione di 1° istanza per le tasse comunali:
Tosetti Giuseppe, Mauri Achille, Ghidotti Celestino
- revisori dei conti (dopo il rifiuto dei tre consiglieri di opposizione):
Testori Pietro, Tosetti Giuseppe, Rigamonti Carlo
- rappresentanti del Consorzio Sanitario:
Pontiggia Antonio, Nava Carlo, Testori Pietro, Testori Alessandro
- rappresentanti del Consorzio Veterinario:
Sangiorgio Attilio, Pozzoli Filippo, Riva Angelo
- rappresentante del Consorzio Agrario:
- Pontiggia Giuseppe
- commissione di vigilanza per le scuole comunali:
Peduzzi Domenico e Dell’Era Dina maestri, Giussani Antonio e Civati Emilio padri di famiglia
- rappresentante del Comitato forestale:
Rizzi Giuseppe
- commissione elettorale:
Tosetti Giuseppe, Chiesa Salvatore, Nava Zaverio, Rubini Turco
- consiglio scolastico:
Groppelli Antonietta, Bernasconi Emilio, Balzelli Alfredo, Cavagli Giuseppe
- rappresentanti per l’elezione dei membri della commissione per le imposte dirette:
Giussani Antonio, civati Emilio, Bianchi Mario, Cresseri Bartolomeo
Con queste nomine i socialisti concludevano la fase iniziale del loro progetto e potevano dare avvio alla linea politica tracciata durante la campagna elettorale senza curarsi troppo delle critiche alimentate dagli ambienti liberali e popolari: la città era di fatto nelle loro mani.
3.2 Il primo anno di governo
Se i popolari (che rappresentavano la minoranza in consiglio con quattro rappresentanti) e soprattutto i liberali (esclusi dal municipio dopo le ultime elezioni), accettando la sconfitta, si erano rassegnati all’esistenza di una giunta comunale socialista, non apparivano però disposti ad accettare che venisse svilita l’opera compiuta dalle precedenti amministrazioni, né che la nuova si discostasse troppo dai loro metodi e dai loro indirizzi. Preoccupazioni particolari venivano manifestate nei confronti della politica finanziaria programmata dal partito socialista nella quale venivano inserite come “prioritarie” le spese ordinarie e straordinarie riguardanti l’assistenza sociale in materia scolastica e assistenziale. Il Bartesaghi nello specifico temeva che un incremento troppo considerevole delle uscite comunali avrebbe costretto il comune a ricorrere al credito per assestare le proprie finanze cancellando i sacrifici compiuti dall’amministrazione Bassi per mantenere in pareggio i bilanci durante i difficili anni del conflitto mondiale. Era noto a tutti infatti che la situazione finanziaria del comune di Erba si era mantenuta solida grazie alla prudenza e alla ponderazione con le quali le giunte precedenti a quella socialista avevano preventivato spese e ricavi durante il proprio mandato .
In effetti i liberali avevano consegnato alla nuova amministrazione un municipio in perfetto stato di salute dal punto di vista finanziario con un avanzo di Lit. 801.52 nell’esercizio del 1920. Le entrate ordinarie erano in continua ascesa grazie soprattutto alla sovrimposta fondiaria introdotta nello stesso anno e, nonostante le spese fossero salite in poco più di un decennio del 40 per cento, soprattutto quelle straordinarie, la gestione parsimoniosa delle risorse unita all’inesistenza di un programma di grandi opere pubbliche (la costruzione dell’acquedotto comunale era stata ultimata prima del conflitto mondiale) avevano contenuto il contraccolpo dovuto al continuo aumento del costo della vita.
I primi provvedimenti adottati dalla giunta socialista appena insediatasi, (tra l’ottobre del 1920 e il febbraio del 1921) furono rivolti ad aumentare il gettito fiscale per far fronte alle nuove spese previste nella stesura del bilancio preventivo. Innanzitutto venne richiesta alla G.P.A. l’autorizzazione per l’applicazione dell’aliquota massima (Lit. 2000 con aliquote intermedie di Lit. 750, 1000, 1250, 1750) alle aziende di speciale importanza “…in considerazione delle nuove esigenze finanziarie e per la perequazione dei tributi locali” . Vennero istituite ex novo la tassa di soggiorno e quella sul valore locativo, raddoppiati i vecchi tributi sulle vetture e sui domestici ed aumentata la tassa sui bigliardi (Lit. 50 per i privati e Lit. 100 per quelli utilizzati negli esercizi pubblici) . Questi primi interventi erano in linea con il programma elettorale nella parte dedicata alla riforma del sistema tributario che prevedeva il “…riequilibrio delle imposte tra le varie categorie di contribuenti, cercando di far gravare gli aumenti sui generi di lusso e quindi sulle classi più ricche”.
Tuttavia divenne indispensabile rimaneggiare anche la tassa di famiglia, quella che costituiva l’ossatura dell’imposta sul reddito e che rappresentava il più importante onere fiscale per tutti i cittadini. Il Giussani nella premessa della seduta consigliare che ne stabilì il nuovo valore precisò i motivi per i quali fu necessario il suo aumento :
Sarebbe nostro intendimento evitare il ritocco alla tassa di famiglia poiché questo provvedimento risulto odioso e doloroso ad un’amministrazione socialista. Purtroppo rimane indispensabile l’intervento della giunta su tale tributo in previsione della realizzazione di nuovi ed importanti servizi che il comune offrirà a tutta la cittadinanza. Auspichiamo comunque che il governo conceda ai Comuni una riforma tributaria in senso schiettamente democratico che trovi altri cespiti di entrata per una maggiore perequazione.
La minoranza commentò il maggior gettito della tassa affermando che “…anziché corrispondere a benefici di carattere generale cui tutti i cittadini possono usufruire, è invece utilizzato per spese aventi carattere facoltativo e non assolutamente quello di assistere ai principali bisogni del comune”. Particolarmente contestato fu anche il provvedimento riguardante l’aumento della tariffa d’affitto nei confronti della locale caserma dei carabinieri e della prefettura. I locali dove erano ubicati questi istituti erano infatti di proprietà comunale ed il municipio percepiva un affitto annuo dai due organismi sulla base di contratti quinquennali che venivano tacitamente rinnovati al termine di ogni scadenza. L’amministrazione socialista, additando alle “condizioni speciali di questi tempi” decise di rompere con quella consuetudine ed impose un nuovo contratto d’affitto annuale con un aumento del 40 per cento, contratto rivedibile di anno in anno. Ancora una volta i socialisti furono accusati di scarso rispetto verso le più importanti istituzioni nazionali e tacciati di anti-italianità. Questo tuttavia non fu che uno tra i tanti episodi che scatenarono la reazione degli ambienti moderati erbesi fin dall’inizio del mandato socialista. All’apertura delle sedute consiliari infatti la maggioranza era solita manifestare pubblicamente le proprie opinioni (o meglio le opinioni del partito) sui principali fatti di cronaca locale ed internazionale, non curandosi minimamente delle reazioni che queste suscitavano tra i banchi dell’opposizione e nell’opinione pubblica avversaria. Emblematica in questo senso la premessa con cui venne aperta la prima seduta ordinaria del consiglio, il 29 dicembre 1920:
Il consiglio comunale nella sua prima seduta ordinaria manda un saluto di solidarietà a tutti i comuni assaliti dalle bande fasciste protette dal governo, fra i quali Bologna, Verona e Como. Invia pure un saluto a tutte le vittime della reazione ed in modo particolare al compagno Nulli rinchiuso nelle carceri per vigliaccheria borghese. Manda pure un saluto alla Russia comunista facendo pressione sul governo affinché abbia a riattivare con quello stato i rapporti commerciali e politici. Protesta contro il terrore bianco dell’Ungheria e della Spagna. Manda pure ai compagni amministratori degli altri comuni socialisti il saluto internazionale.
E’ implicito che dichiarazioni di questo tipo venivano sistematicamente riportate sui periodici liberali e popolari che non perdevano occasione per sottolineare il carattere settario della politica socialista. Si ha la netta sensazione tuttavia che le denuncie di Giussani e compagni rispetto alla situazione italiana ed internazionale fossero più legate a logiche di partito piuttosto che a convinzioni personali dei medesimi. Il livello strutturale raggiunto dal P.S.I. nella provincia di Como permetteva infatti ai propri iscritti di partecipare con frequenza a conferenze e convegni con gli esponenti più illustri del movimento e questo evidentemente contribuiva in modo determinante alla diffusione del messaggio socialista anche tra i militanti dell’ultima ora. Sindaco e assessori dei comuni retti da una maggioranza “rossa” cominciarono a riunirsi periodicamente alla Camera del Lavoro di Como a cominciare dal 7 novembre 1920 , su iniziativa della Federazione Provinciale socialista. Un mese più tardi, il 17 febbraio , si costituì nel capoluogo la Federazione Provinciale dei Comuni Socialisti. In quella prima seduta venne votato all’unanimità lo statuto dell’organizzazione che prevedeva tra l’altro l’iscrizione obbligatoria da parte dei comuni aderenti mediante un contributo annuale da inscrivere nei rispettivi bilanci tra le “spese straordinarie”. La quota delle cittadine come quella di Erba (con una popolazione inferiore ai 5000 abitanti) era prevista in Lit. 400. Obiettivo principale della Federazione era quello di “…promuovere e coordinare le funzioni amministrative della Provincia e dei Comuni, secondo le direttive fissate dal Consiglio Generale della Lega dei Comuni Socialisti di Roma e dei Congressi, di organizzare un’efficace ed attiva assistenza tecnica, amministrativa, legale e difendere gli interessi degli enti federati di fronte a quelli tutori legali…” . Il Giussani sarà uno dei più accaniti sostenitori di questa nuova istituzione che diventerà nei successivi due anni il punto di incontro tra il “governo” centrale e gli organismi locali del partito.
3.2.1 Il bilancio preventivo
Il bilancio preventivo per il 1921, il primo predisposto dalla giunta Giussani, introdusse gran parte di quelle novità che i socialisti avevano inserito nel loro programma elettorale e costituì il motivo principale di scontro tra la maggioranza consigliare e l’opposizione. La prima seduta per la sua approvazione fu tenuta il 30 marzo 1921. Tutti gli articoli vennero approvati con i voti favorevoli dei rappresentanti socialisti e l’astensione dei popolari i quali dichiararono di non approvare il bilancio poiché redatto con “criteri partigiani”. Le parti del preventivo sulle quali l’opposizione si dimostrò più intransigente possono essere riassunte in sei punti principali :
1) Assegno al sindaco e indennità agli amministratori:
nelle spese obbligatorie straordinarie (sotto la voce “spese generali”), fu stanziata la somma di Lit. 4000 da destinarsi al sindaco e agli assessori in qualità di rimborso per le spese di rappresentanza.
2) Assistenza sanitaria:
i socialisti calcolarono in Lit. 18000 la spesa prevista per la somministrazione gratuita dei medicinali ai poveri (nel 1920 era stata di Lit. 1000) , e in Lit. 2000 lo stanziamento per l’assistenza medica in modo da estenderla anche al secondo migliaio di poveri. (Spese obbligatorie ordinarie, categoria “Beneficenza pubblica”)
3) Assistenza scolastica:
Fu previsto lo stanziamento di Lit. 10000 per consentire la distribuzione gratuita di libri, quaderni e cancelleria agli alunni delle scuole che appartenevano a famiglie povere. (Spese facoltative ordinarie, categoria “Istruzione pubblica”)
4) Concorso a favore della locale Sezione della Camera del Lavoro:
Venne introdotto un contributo annuale di Lit. 1000 da destinarsi alla succursale di Erba della Camera del Lavoro.(Spese facoltative straordinarie, categoria “spese generali).
5) Venne approvata l’iscrizione del comune alla Lega dei Comuni Socialisti e concorso al relativo ufficio tecnico di consulenza legale, con uno stanziamento annuale di Lit. 500. (Spese facoltative straordinarie, categoria “spese generali”)
6) Fu soppressa la somma destinata alle Feste Nazionali:
Lo stanziamento di Lit. 300 venne escluso dal bilancio.
Nella stessa seduta il Giussani spiegò con una precisa relazione i motivi che avevano spinto la Giunta ad adottare quei provvedimenti verso i quali l’opposizione prometteva battaglia. Una relazione dettagliata sulle principali variazioni introdotte in bilancio rispetto a quello dell’esercizio precedente venne poi accompagnata al bilancio stesso e quindi inviata alla G.P.A. per l’approvazione . L’assegno al sindaco e l’indennità agli amministratori avrebbero parzialmente attenuato le spese che gli stessi erano obbligati a sopportare per “… i tanti impegni e i relativi spostamenti che gravano interamente sulle nostre tasche…” . Il Giussani fece notare come anche altre amministrazioni avevano inserito in bilancio questo tipo di stanziamento che non rappresentava una retribuzione per il lavoro svolto in municipio (tutte le cariche comunali erano a titolo gratuito), ma unicamente un rimborso per le attività cui gli amministratori erano tenuti a compiere durante il proprio mandato. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria i socialisti annunciarono che da alcuni studi eseguiti dalla Giunta era emerso che sarebbe stato opportuno estendere il diritto alla somministrazione gratuita dei medicinali e dell’assistenza medica anche ad altre categorie di cittadini oltre a quelle maggiormente “disagiate” al fine di evitare che a beneficiare del servizio fossero solamente i “nullatenenti”. Per questo motivo venne deciso di aumentare l’elenco dei cosiddetti “poveri” fino a raggiungere la quota di duemila persone, rispettando l’impegno preso con i cittadini durante la campagna elettorale. In questo senso venne ritenuto doveroso prevedere uno stanziamento di Lit. 18.000 per i medicinali e di Lit. 2.000 per il medico condotto, andando ad aumentare sensibilmente le somme stabilite durante le precedenti amministrazioni ( Lit. 1.000 sia per i medicinali che per il medico). Un altro tema sul quale i socialisti non intendevano ascoltare le controproposte dell’opposizione (che sostanzialmente chiedeva che non venissero stravolti gli indirizzi delle precedenti amministrazioni), era quello dell’assistenza scolastica. Nel bilancio preventivo del 1921 la Giunta decise di stanziare un fondo di Lit. 10.000 per consentire la distribuzione gratuita di libri e quaderni agli alunni delle famiglie che non potevano garantire ai propri figli l’acquisto della cancelleria necessaria alla frequentazione della scuola. Il Giussani spiegò inoltre che l’amministrazione avrebbe mantenuto intatto il contributo per il patronato scolastico (Lit. 300) ma che avrebbe provveduto direttamente all’erogazione del fondo per l’assistenza. Le altre tre variazioni introdotte nel bilancio preventivo dai socialisti furono le più criticate da tutti gli ambienti avversi alla nuova amministrazione. Il fondo stanziato per la sezione locale della Camera del Lavoro e l’iscrizione del municipio alla Lega dei Comuni Socialisti in particolare erano iniziative inaccettabili per l’opposizione che ne rimarcava il carattere prettamente politico denunciandone l’incompatibilità con le reali esigenze della popolazione. Il sindaco giustificò i provvedimenti spiegando che alla Camera del Lavoro erano legati tutti i benefici che negli ultimi tempi avevano migliorato la condizione del proletariato e che il supporto ottenuto da diverse altre amministrazioni socialiste grazie alla Lega era assolutamente indispensabile anche per il comune di Erba. La seduta si chiuse con l’approvazione del bilancio da parte della maggioranza consiliare seguita dalle parole del Bartesaghi il quale, in rappresentanza dell’opposizione, dichiarò tra l’altro che “…il bilancio è dettato solamente da ragioni di partito che mirano ad un incremento spropositato ed inutile dell’assistenza pubblica. Le vedute socialiste e partigiane dell’amministrazione porteranno il comune allo sfacelo. ”
BILANCIO PREVENTIVO 1921
ENTRATE
Rendite patrimoniali: 4351.96
Proventi diversi 30210.99
Tasse e sovrimposte 163823.17
Entrate straordinarie 28962.52
Partite di giro 7965.00
Avanzo precedenti
amministrazioni 801.52
Totale Lit. 236.115.16
USCITE
Spese obbligatorie ordinarie
Oneri patrimoniali 11089.02
Spese generali 44814.20
Pulizia ed igiene 47599.13
Sicurezza pubblica e giustizia 6628.39
Opere pubbliche 20467.07
Istruzione pubblica 18661.80
Spese per i culti 65.75
Spese per beneficenza pubblica 22420.00
Spese obbligatorie straordinarie
Pulizia e igiene 500
Spese generali 17000
Sicurezza pubblica e giustizia 100
Opere pubbliche 2666.66
Istruzione pubblica 2000
Spese facoltative ordinarie e straordinarie
Spese generali 1550
Istruzione pubblica 10200
Opere pubbliche 50
Estinzione debito 12380.17
Contabilità speciale 7965
Totale spese 236115.16
3.2.2 Il ricorso dell’opposizione
All’indomani dell’approvazione del bilancio preventivo da parte dell’amministrazione Giussani la reazione delle forze di opposizione non si fece attendere. Il democratico “Il Corriere delle Prealpi” in particolare dedicò un lungo articolo alla politica finanziaria attuata dai socialisti mettendone in risalto i provvedimenti più “faziosi”. Nell’edizione del 3 aprile gran parte dello spazio solitamente riservato alle cronache da tutto il circondario di Como fu utilizzato allo scopo di denunciare la “grave situazione” che secondo il corrispondente da Erba si stava delineando in municipio. Il bilancio venne riportato interamente in ogni sua voce seguito da una lunga critica all’operato della Giunta. L’articolo metteva sotto accusa l’aumento delle vecchie tasse e l’introduzione dei nuovi tributi affermando che i cittadini vedevano i propri soldi “…destinati a provvedimenti che rispondono alle logiche del partito socialista, non ad una seria ed attenta amministrazione…” . Inoltre si rimarcava il fatto che nessun contributo fosse stato destinato all’organizzazione filantropica orgoglio della Erba “bene”, la Croce Verde, così come la mancanza assoluta di stanziamenti per opere pubbliche che secondo l’articolista avrebbero tra l’altro contribuito a diminuire la crescente disoccupazione. Feroci naturalmente le critiche ai provvedimenti in materia assistenziale nonché ai sussidi concessi alle organizzazioni socialiste. Nello specifico veniva definita “spropositata” l’iniziativa di estendere al secondo migliaio di “poveri” la somministrazione gratuita di medicinali poiché su una popolazione di poco più di 4500 abitanti era da ritenersi impensabile che più del quaranta per cento dei cittadini fosse considerato sotto la soglia di povertà. L’articolo terminava con il monito del corrispondente affinché tutte le forze democratiche si unissero per fronteggiare “…il dissesto delle finanze comunali provocato dall’ingenuità degli amministratori socialisti.”
Se gli ambienti democratici e liberali si fecero promotori di una campagna contro Giussani e compagni attraverso il loro organo di stampa ufficiale, i popolari che sedevano nell’aula consiliare in veste di opposizione si appellarono alla legge comunale e provinciale e presentarono un ricorso ufficiale alla G.P.A. affinché dal bilancio fossero eliminate o drasticamente ridimensionate quelle proposte che minacciavano di aprire un grosso deficit nelle casse comunali. Il ricorso venne recapitato all’organo provinciale il 7 aprile con la richiesta che nel bilancio preventivo venissero effettuate le seguenti variazioni :
1) Soppressione dello stanziamento di Lit. 4000 per indennità a sindaco e assessori.
2) Riduzione a Lit. 4000 della previsione per la spesa per la somministrazione gratuita dei medicinali ai poveri.
3) Riduzione a Lit. 1500 per l’assistenza scolastica con l’obbligo di passare tale somma direttamente al patronato scolastico.
4) Annullamento dello stanziamento in favore della locale Camera del Lavoro.
5) Annullamento dello stanziamento per l’iscrizione del comune alla Lega dei Comuni Socialisti.
6) Ripristino dello stanziamento di Lit. 300 per le feste nazionali.
La Giunta Provinciale Amministrativa di Como prese in esame il bilancio preventivo del comune di Erba unitamente al ricorso dell’opposizione il 2 giugno successivo, presentando la propria relazione il 13 dello stesso mese . In essa venivano rielaborati i provvedimenti contestati dai popolari cercando di operare una mediazione che diminuisse le tensioni all’interno del consiglio comunale. Tutti gli stanziamenti proposti dai socialisti vennero ridimensionati e si consigliò alla Giunta comunale di ratificare i contributi in favore del sindaco e delle organizzazioni “rosse” esterne al municipio. Tuttavia, nonostante le variazioni prospettate dall’organo provinciale, i socialisti che sedevano in consiglio comunale non avevano certo intenzione di ritrattare le proprie direttive e modificare il programma finanziario elaborato già durante la campagna elettorale. Nella seduta consiliare del 10 luglio il bilancio venne sottoposto ad una nuova votazione e sostanzialmente approvato senza particolari modifiche. La giunta accettò la soppressione dell’assegno di Lit. 4000 per indennità al sindaco e agli assessori, mantenendo quello di Lit. 1500 per il rimborso delle spese al primo cittadino. Fu ridotto a Lit. 10000 lo stanziamento previsto per la somministrazione gratuita dei medicinali ai poveri (da Lit. 18000 predisposto nel primo progetto di bilancio) e ripristinato il contributo in favore delle feste nazionali. Tutte le altre voci vennero mantenute così come erano state presentate nella bozza del 30 marzo, con grande disappunto dell’opposizione.